Quando c’è incidente stradale nel reato di guida in stato di ebbrezza – indice:
L’articolo 186 del Codice della strada, contente la disciplina della guida sotto l’influenza di alcool, prevede, al comma 2-bis, l’aggravante dell’incidente stradale nel reato di guida in stato di ebbrezza. Che cosa si intende tuttavia per incidente stradale e quando dunque è integrato? L’unica fonte che fornisce una definizione di incidente stradale è la convenzione di Vienna del 1968. Questa lo ha definito come “un evento verificatosi nelle vie o piazze aperte alla circolazione in cui rimangono coinvolti veicoli, esseri umani o animali fermi o in movimento e dal quale derivino lesioni a cose, animali, o a persone”.
La giurisprudenza e la dottrina hanno tuttavia esteso nel tempo tale nozione introducendo ulteriori parametri di integrazione dell’incidente. Nell’applicazione di tale nozione all’aggravante prevista dal comma 2-bis, dell’articolo 186 del Codice della strada, è più volte intervenuta la giurisprudenza di legittimità. Da ultimo, con la sentenza n. 47750 del 2018, il Supremo Collegio è giunto a ridiscutere tale nozione. In particolare, nella decisione del caso oggetto dell’odierno approfondimento, con riferimento al nesso causa-effetto tra l’incidente e lo stato di ebbrezza.
L’incidente stradale: nozione e nesso causale
La nozione di incidente stradale si è detta nell’introduzione. Si passa pertanto a discutere in merito all’applicazione della stessa con riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza.
L’articolo 186, comma 2-bis, del Codice della strada disciplina l’aggravante dell’incidente stradale nel reato di cui si va parlando. Come si accennava nell’introduzione, la giurisprudenza ha nel tempo formulato vari orientamenti sulla configurazione di tale aggravante. Nella sentenza di cui a breve si esporrà l’origine, in particolare, la Corte richiama due orientamenti precedenti al suo intervento.
L’uno secondo cui vi è incidente stradale solo quando il conducente provoca l’incidente. In tal caso dev’essere effettuata una valutazione in merito all’incidenza della sua condotta sul verificarsi del sinistro. Non è infatti sufficiente il mero coinvolgimento dello stesso nell’incidente.
L’altro secondo cui, citando una serie di sentenze pregresse, “non è richiesto l’accertamento del nesso eziologico tra l’incidente e la condotta dell’agente, ma il solo collegamento materiale tra il verificarsi del sinistro e lo stato di alterazione dell’agente, alla cui condizione di impoverita capacità di approntare manovre idonee a scongiurare l’incidente sia direttamente ricollegabile la situazione di pericolo”.
I due orientamenti sono evidentemente contrastanti. Facendo riferimento a questi la Corte giudicante ha risolto il caso che di seguito si va ad esporre.
Il caso
Un soggetto viene condannato in primo grado di giudizio al reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’articolo 186, secondo comma, lett. c) del Codice della strada con l’aggravante di cui al comma 2-bis. Il motivo della condanna era l’aver urtato contro un veicolo già coinvolto in un incidente stradale, in orario notturno, guidando in stato di ebbrezza alcolica. Nel secondo grado di giudizio la Corte di appello confermava la sentenza di primo grado. L’interessato propone ricorso per cassazione sulla scorta di tre motivi.
Dei tre motivi in particolare quello che qui interessa è il primo. Gli altri due infatti contestano altri aspetti. Il rifiuto dell’applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale ovvero dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto nel secondo. La mancata ammissione ai lavori di pubblica utilità nel terzo.
Il ricorrente contesta a mezzo della difesa la nozione di incidente stradale. Richiama a tal scopo da un lato quella data dalla Convenzione di Vienna e dall’altro quella fornita dalla giurisprudenza pregressa. Quest’ultima, in particolare, si sostanzia in “qualsiasi evento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione stradale, possa provocare pericolo alla collettività”. Nel ricorso la difesa adduce che dalla condotta dell’agente non è derivato alcun turbamento alla normale circolazione stradale che era già stata alterata dal sinistro cui si è imbattuto l’imputato e che peraltro nessun danno era stato rilevato dagli organi della polizia stradale da parte del conducente con riferimento alla violazione del codice della strada. Prosegue inoltre sostenendo che la circostanza non era in alcun modo evitabile e prevedibile, che lo stato di ebbrezza era occasionale e che in ogni caso il conducente guidava ad una velocità molto bassa.
Il supremo collegio tuttavia rigetta il ricorso e conferma la condanna dell’imputato per i motivi che di seguito verranno esposti.
Il doppio incidente stradale
Nel caso di specie la Corte si trova a dover rilevare la presenza di due incidenti:
- il primo in linea temporale che aveva comportato il capovolgimento di un veicolo sulla carreggiata;
- il secondo cagionato dal conducente imputato per l’aver urtato tale veicolo.
L’organo giudicante chiarisce come si debba confermare quanto già affermato dal giudice di merito. Il nesso di causalità tra la condotta del conducente e il sinistro si riscontra nel secondo e non nel primo. Solo in relazione a questo pertanto il giudice riteneva corretto effettuare una valutazione circa il nesso di causalità tra lo stato di ebbrezza e l’aggravante dell’incidente in relazione alla nozione di incidente stradale come prevista dalla giurisprudenza.
Richiamando una precedente giurisprudenza inoltre i giudici confermano la seguente definizione di incidente stradale: “qualsiasi avvenimento inatteso che interrompe il normale svolgimento della circolazione stradale e che proprio per tale ragione è portatore di pericolo per la collettività”. Prosegue inoltre affermando che “una simile definizione coincide proprio con quella che si evince dalle norme del Codice della Strada, come risulta dagli obblighi di segnalazione che il regolamento prevede (art. 356) per il caso di incidente che provochi ingombro della carreggiata, al di là di ogni danno a cose o persone”.
Infine, la Corte conclude che è sufficiente ad integrare l’aggravante dell’incidente stradale l’urto del veicolo contro un ostacolo ovvero la sua fuori uscita dalla carreggiata. Non rileva invece il fatto che non ci siano stati danni alle persone o alle cose essendo sufficiente il turbamento del regolare andamento della circolazione stradale.
Il nesso di causalità tra lo stato di ebbrezza e l’incidente stradale
Concluso l’excursus sulla nozione di incidente stradale, la Corte prende in considerazione il nesso causa-effetto fra lo stato di ebbrezza del conducente e l’incidente da questi provocato.
Dopo un’attenta valutazione circa lo stato di ebbrezza occasionale dell’imputato e l’incidente stradale in cui lo stesso si è imbattuto senza poterlo né prevedere né evitare, i giudici ravvisano il nesso di causalità dandone una sintetica esposizione del proprio ragionamento.
A loro opinione l’incidente è da attribuirsi all’imputato “non perché il precedente sinistro costituisse un’insidia imprevedibile, ma perché, nonostante la bassissima velocità tenuta, non ha avuto la capacità di evitare l’impatto, in una situazione di scarsa visibilità, data l’ora notturna notturna, per la scarsa attenzione prestata, riferibile al suo stato di alterazione alcolica“.
Il rapporto di causa-effetto pertanto viene riconosciuto nel fatto che lo stato di ebbrezza alcolica ha impoverito la capacità di attenzione del conducente in modo tale da non consentirgli di evitare un ostacolo sebbene il veicolo andasse ad una bassa velocità.
Non ritenendo meritevoli di accoglimento gli altri due motivi portati dalla difesa a sostegno della tesi del ricorrente il giudice rigetta il ricorso. Conferma dunque la condanna al reato di cui all’articolo 186, comma secondo, lett. c) con l’aggravante dell’incidente stradale e condanna l’imputato alle spese processuali.
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