Lesioni stradali gravi e tenuità del fatto – indice:
- Le lesioni stradali gravi
- L’art. 590-bis c.p.
- La procedibilità del reato
- Il caso
- La decisione
- La tenuità del fatto
Lo scontro tra un automobilista e un motociclista, da cui sono derivate lesioni stradali gravi, ha portato il Tribunale di Milano, nell’ultimo mese dello scorso anno, a riconoscere la tenuità del fatto del reato di lesioni stradali gravi. Si è trattato di un ulteriore passo avanti verso la riduzione del contenzioso per fatti che spesso, sebbene il Codice Penale definisca gravi, di grave hanno ben poco.
Con tale sentenza si è infatti superato l’ostacolo della procedibilità d’ufficio del reato di lesioni stradali. Tale sistema era stata reintrodotto con le ultime modifiche apportate all’articolo 590-bis c.p. dalla legge 41/2016. In precedenza il reato era procedibile solo a querela di parte. La querela tuttavia veniva spesso successivamente ritirata facendo venire meno le condizioni di procedibilità in capo all’imputato. Il legislatore perciò ha voluto reintrodurre tale la procedibilità d’ufficio per l’esercizio dell’azione penale. Questa da allora è rimasta tale nonostante un recente invano tentativo di riportare la procedibilità a querela di parte.
Quali sono le lesioni stradali gravi
La definizione di lesioni stradali gravi si ricava dall’articolo 583 c.p. che stabilisce quando si hanno lesioni personali gravi. I casi sono i seguenti:
- quando il fatto comporta l’insorgere di malattie che mettono in pericolo la vita del soggetto leso;
- se la persona offesa resta impossibilitata nel compimento degli atti di vita quotidiana per più di 40 giorni o resta malata per il medesimo periodo;
- quando dal fatto deriva l’indebolimento permanente di un senso o di un organo.
La pena per il reato di lesioni stradali gravi: art. 590-bis c.p.
Il reato di lesioni stradali gravi è disciplinato all’articolo 590-bis c.p. Tale reato è punito, ai sensi del primo comma della norma, con la reclusione da tre mesi ad un anno se il fatto di reato è compiuto in condizioni psicofisiche normali. È punito invece con la reclusione da un anno e sei mesi a tre anni quando l’autore delle lesioni guidava in stato di ebbrezza alcolica.
Il legislatore specifica al comma 5 ulteriori ipotesi di reato di lesioni stradali gravi commesse alla guida di un veicolo a motore:
- nel caso di percorrenza di un centro urbano ad una velocità pari al doppio o più del doppio dei limiti previsti. In ogni caso la velocità non deve essere inferiore ai 70 km/h;
- se le lesioni sono cagionate nella percorrenza di strade extraurbane ad una velocità superiore ai 50 km/h;
- in violazione delle norme sulla circolazione stradale passando con il semaforo rosso ovvero viaggiando in contromano;
- eseguendo manovre di inversione in prossimità o in corrispondenza di intersezione, curve, dossi o a seguito di sorpasso di un altro veicolo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o linea continua.
Tutte queste ipotesi accompagnate dalla guida senza patente o con la patente sospesa o revocata ovvero dalla guida con mezzo di proprietà ma privo di assicurazione obbligatoria comportano l’aumento della pena.
È prevista la diminuzione della pena fino alla metà se le lesioni non sono conseguenza diretta dell’azione od omissione dell’agente.
La procedibilità del reato
Come si accennava nell’introduzione, il reato di lesioni stradali gravi oggi è procedibile d’ufficio. Ciò significa che l’azione penale viene avviata dal momento in cui l’autorità giudiziaria viene informata del reato. Tale momento coincide con l’acquisizione o la ricezione della notizia di reato da parte del Pubblico Ministero. La procedibilità d’ufficio si ricava dal fatto che l’articolo 590-bis non si esprime in merito alla perseguibilità del reato. L’articolo 50, comma 2, c.p.c. afferma infatti che l’azione penale viene avviata d’ufficio quando la legge non richiede espressamente forme specifiche di procedibilità.
In passato invece tale reato era procedibile solo su querela di parte. La querela di parte è una condizione di procedibilità per cui il Pubblico Ministero può procedere con l’azione penale soltanto quando la persona offesa dal reato esprime con una dichiarazione la propria volontà di procedere contro l’autore del reato. Può essere ritirata fino a che non interviene una sentenza di condanna e dunque è possibile interrompere in tal caso l’azione penale. La procedibilità d’ufficio non consente invece l’interruzione dell’azione penale.
La reintroduzione della procedibilità d’ufficio per il reato di lesioni stradali gravi è stata prevista a seguito delle frequenti rimessioni di querela da parte dei soggetti offesi da tale reato. Si vedrà infatti come nella sentenza del Tribunale di Milano il giudice sottolinea la procedibilità d’ufficio di tale reato a fronte di una remissione di querela e la richiesta di non doversi procedere.
Il caso sottoposto al Tribunale di Milano
Il 9 dicembre 2019, è stata pubblicata la sentenza del Tribunale di Milano, n. 8428 che ha deciso riguardo un incidente stradale da cui sono derivate lesioni stradali gravi. Il caso ha visto lo scontro tra un soggetto alla guida di un ciclomotore e un automobilista durante una manovra di quest’ultimo in cui violava l’articolo 145, comma 10, C.d.s. L’automobilista stava, ad irrilevante velocità, avanzando con il proprio veicolo oltre alcuni mezzi che gli oscuravano la visibilità della strada quando si è imbattuto nel motociclista che, non vedendosi dare la precedenza, ha frenato bruscamente cadendo dal motoveicolo.
A seguito della proposizione di querela della parte offesa in un primo momento il legale dell’imputato ha chiesto la sospensione del procedimento per messa alla prova. La domanda è stata accolta e il percorso di messa alla prova dell’imputato si è concluso con esito positivo. Nell’udienza di ripresa del procedimento in cui viene valorizzato l’esito positivo della messa alla prova l’avvocato dell’imputato segnala come vi sia stata la remissione della querela a seguito di integrale risarcimento del danno da parte della compagnia assicuratrice. Nella stessa udienza inoltre per tale motivo, il legale chiede al giudice di emettere una sentenza di non doversi procedere (art. 529 c.p.p.). Contestando il giudice la procedibilità d’ufficio del reato la richiesta non viene accolta. Lo stesso motociclista aveva voluto procedere al ritiro della querela in quanto considerava il danno subito di lieve entità e dunque non necessario l’esperimento di un procedimento.
La decisione
Per aggirare l’ostacolo della procedibilità d’ufficio in un caso di lesioni di lieve entità ed evitare il protrarsi di un procedimento avviatosi inevitabilmente, il legale di parte chiede successivamente al giudice che venga riconosciuta la non punibilità del reato per particolare tenuità del fatto.
La richiesta viene accolta dopo la verifica da parte del giudice della sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 131-bis c.p. Questo disciplina tale causa di esclusione della punibilità del reato, applicabile talvolta anche in caso di guida in stato di ebbrezza.
Le lesioni stradali gravi infatti consistevano, secondo la diagnosi medica richiamata nella sentenza, in escoriazioni multiple in varie parti del corpo e in contusioni lievi senza alcun danneggiamento alle funzionalità articolari oltre che in un periodo di malattia poco più lungo di 40 giorni.
La particolare tenuità del fatto
La particolare tenuità del fatto, si ricorda, è una causa di esclusione della punibilità del reato. Il giudice può applicarla discrezionalmente al sussistere di determinate condizioni.
Nel caso di specie sussistevano, a parere del giudice, tutti i requisiti necessari per l’applicazione dell’articolo 131-bis c.p. Si tratta in particolare di:
- pena detentiva inferiore ai 5 anni. In alternativa, in generale, può esservi la sola pena pecuniaria oppure la pena pecuniaria e la detentiva inferiore ai 5 anni congiuntamente;
- la lieve entità delle lesioni e irrisorie condizioni di pericolo per il motociclista;
- la non abitualità della condotta.
Quanto alla motivazione della sentenza infatti le parole del giudice sono state le seguenti: “Il reato è punito con pena non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione; non ricorre nel caso in esame alcuno degli elementi indicati al comma 2 dell’art. 131 bis c.p. che impediscono di ritenere di particolare tenuità l’offesa, né il comportamento può ritenersi abituale, trattandosi di imputato incensurato e non risultando in atti alcun elemento che possa sostenere un giudizio di non occasionalità del fatto. La valutazione di tenuità dell’offesa emerge sia dalla prognosi di poco superiore al limite dei quaranta giorni che fa scattare la previsione normativa di cui al comma 1 dell’art. 590 bis c.p., sia dalla intervenuta remissione di querela, indicativa della valutazione effettuata dallo stesso titolare del bene giuridico offeso in ordine all’assenza di interesse al perseguimento del fatto, oltre che dalle modalità del fatto.”
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