Il patteggiamento – indice:
- Cos’è
- Vantaggi e svantaggi
- Il ruolo del giudice
- La richiesta di patteggiamento
- Estinzione del reato
- Nei reati stradali
Nato come strumento di semplificazione del processo penale per i reati di minor gravità, il patteggiamento si è affermato nel diritto processuale penale come rito speciale con la legge n. 134/2003. Consiste in un accordo fra l’imputato e il Pubblico Ministero sull’entità della pena che l’imputato andrà a scontare. Da qui il nome di “applicazione della pena su richiesta delle parti (imputato e pubblico ministero)” ovvero “patteggiamento” della pena. Il codice penale stabilisce quali sono i reati che permettono l’accesso a questo rito speciale ovvero stabilisce quelli che ne sono esclusi. L’utilizzo del patteggiamento ad esempio è vantaggioso e spesso ricorribile nei reati commessi in violazione del codice della strada. È possibile infatti con una sentenza di patteggiamento giungere alla cancellazione della condanna per guida in stato di ebbrezza ovvero all’estinzione del reato.
Cos’è il patteggiamento
Il patteggiamento è un rito speciale che il giudice applica quando sussistono determinati presupposti. Tale rito viene applicato su richiesta dell’imputato e del Pubblico Ministero che devono aver raggiunto un accordo. Al contrario, il sottrarsi di una delle due parti all’accordo non consente di procedere con la soluzione patteggiata.
L’istituto è disciplinato all’articolo 444 del codice di procedura penale il quale, al primo comma, stabilisce che “L’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria”.
La disciplina di cui all’articolo suddetto si completa con quella dell’articolo successivo, con il quale si possono distinguere due tipologie di patteggiamento di cui si tratterà nel successivo paragrafo.
Patteggiamento allargato e tradizionale
La legge 134/2003 che ha esteso l’ambito di applicazione del patteggiamento ha così affiancato al patteggiamento “tradizionale” (quello già esistente) il cosiddetto patteggiamento “allargato”. Si parla anche di patteggiamento minus e maius.
Le due tipologie infatti sono disciplinate da due norme diverse del codice di procedura penale.
Il patteggiamento minus o tradizionale trova la sua disciplina all’articolo 445 del codice di procedura penale mentre il patteggiamento maius all’articolo 444. Da ciò deriva che le due tipologie condividono alcuni vantaggi mentre altri sono propri dell’uno o dell’altro tipo. Nei successivi paragrafi si tratteranno i vantaggi e gli svantaggi del patteggiamento.
Vantaggi e svantaggi del patteggiamento per l’imputato
L’imputato che ottiene il patteggiamento della pena dovrà rinunciare all’esercizio di alcuni suoi diritti e questo può essere considerato uno svantaggio. La volontà di patteggiare la pena infatti manifesta la volontaria sottomissione dell’imputato alla sanzione penale il quale ad esempio deve rinunciare ad:
- esercitare il suo diritto alla prova e quindi accettare di essere giudicato sulla base degli elementi probatori risultati dagli atti preliminari del processo e contenuti nel fascicolo;
- controvertere il fatto di imputazione e la sua qualificazione giuridica;
- discutere in giudizio la specie e la misura della pena da applicare.
Il patteggiamento tuttavia presenta notevoli vantaggi che si espongono di seguito. Alcuni, come si diceva in alcune righe precedenti, sono comuni ad entrambe le fattispecie di patteggiamento, altri sono propri ed esclusivi di ciascuna:
- l’ottenimento di uno sconto di pena. Questo è un vantaggio comune ad entrambe le fattispecie;
- l’assenza di effetti pregiudizievoli della sentenza che applica la pena concordata. Il secondo comma dell’articolo 445 del codice di procedura penale infatti afferma che “la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi”;
- la sentenza non è soggetta a pubblicità.
Sono riconducibili invece soltanto al patteggiamento minus o tradizionale i seguenti vantaggi:
- l’imputato è sollevato dal pagamento delle spese processuali;
- non subisce l’applicazione di pene accessorie e misure di sicurezza, ad eccezione della confisca;
- il certificato del casellario giudiziale non riporta la sentenza.
Gli effetti sull’accusa
Anche il Pubblico Ministero subisce alcuni svantaggi ed ottiene alcuni vantaggi dal patteggiamento. Fra i primi in particolare si hanno delle rinunce ad alcuni diritti:
- discutere in giudizio le questioni di fatto e diritto su cui si basa l’imputazione;
- risparmiare risorse per il perseguimento di altri reati.
Il Pubblico Ministero prima di accordarsi con l’imputato sul quantum della pena deve tuttavia rispettare gli stessi criteri che la legge prevede vadano rispettati dal giudice per valutare l’ammissione della domanda di patteggiamento. In particolare il pubblico ministero deve:
- appurare che il materiale d’indagine sia sufficiente per applicare la pena richiesta;
- verificare che sia stata qualificata giuridicamente in maniera corretta la natura del fatto oggetto di imputazione nella richiesta di patteggiamento;
- verificare i presupposti soggettivi e oggettivi di applicazione del rito speciale ex articolo 444 del codice di procedura penale;
- effettuare una valutazione circa la congruità della sanzione rispetto al fatto commesso.
Non è ammesso sindacato sul corretto utilizzo di questi criteri da parte del Pubblico Ministero, il quale non ha obbligo di giustificare la propria decisione in ordine alla conclusione dell’accordo.
Il controllo del giudice sull’ammissibilità del patteggiamento
Il giudice come già accennato può accogliere o rifiutare la richiesta di patteggiamento. Nel primo caso ha l’onere, anche secondo alcuni degli stessi criteri utilizzati dal pubblico ministero, di verificare:
- la genuinità ed effettività della volontà delle parti alla conclusione dell’accordo;
- i presupposti oggettivi e soggettivi enunciati all’articolo 444 del codice di procedura penale tenendo conto delle esclusioni;
- appurare che il fatto di imputazione sia stato qualificato giuridicamente in maniera corretta dalle parti;
- la congruità della pena in relazione alla funzione che la Costituzione attribuisce alla pena;
- che non vi siano cause di non punibilità del fatto.
Il giudice inoltre deve valutare l’eventuale dissenso del pubblico ministero alla richiesta di patteggiamento presentata dall’imputato. Per fare ciò è necessario che il pubblico ministero motivi il suo dissenso. Le conseguenze del dissenso sono:
- il processo prosegue in maniera ordinaria senza dunque l’esclusione del dibattimento e la conclusione anticipata;
- resta comunque possibile l’applicazione della pena richiesta dall’imputato.
Il giudice infine, incaricato di vagliare la legittimità della richiesta di patteggiamento, può lui stesso rifiutarne l’applicazione. Anche in tal caso il processo procede nelle forme ordinarie fino alla fase del dibattimento. Fino a che tuttavia non scadono i termini di presentazione della domanda è possibile ripresentarla allo stesso giudice che l’ha rifiutata.
Udienza preliminare e richiesta di patteggiamento
L’udienza preliminare può essere il momento in cui presentare la richiesta di patteggiamento che tuttavia può essere presentata anche durante le indagini preliminari. La legge prevede vari termini di presentazione della domanda a seconda del tipo di procedimento adottato. Alcuni infatti non prevedono l’udienza preliminare come ad esempio il procedimento monitorio.
La legge non specifica il contenuto della richiesta di patteggiamento: è tuttavia differente quella presentata dall’imputato e quella presentata dal pubblico ministero. Il magistrato penale infatti, qualora presenti la domanda durante la fase delle indagini, deve attenersi a determinate regole di contenuto.
La proposta di patteggiamento che, si ripete, può essere domandata dall’imputato o dal pubblico ministero, può essere modificata o revocata fino a che l’altra parte non si sia espressa. Quando l’altra parte esprime il consenso al patteggiamento le parti giungono ad un accordo che obbliga il giudice a verificare l’ammissibilità della richiesta secondo i criteri suesposti.
Patteggiamento ed estinzione del reato
Il secondo e ultimo comma dell’articolo 445 del codice di procedura penale stabilisce che “Il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria, se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole”.
Non opera l’estinzione del reato invece in caso di patteggiamento allargato.
Nei reati stradali
Per incentivare l’utilizzo dello strumento dell’istituto del patteggiamento la Procura di Torino nel 2017 ha pubblicato nel sito istituzionale una tabella di riferimento per la definizione del patteggiamento e dei procedimenti conclusi con decreto penale di condanna.
La tabella è stata progettata per la definizione con i suddetti istituti dei reati stradali più comuni come:
- il reato di guida in stato di ebbrezza;
- il reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti;
- quello di sottoporsi agli accertamenti previsti dai commi 3,4 e 5 dell’articolo 186 del codice della strada;
- l’inottemperanza all’obbligo di fermarsi in caso di incidente con danno alle persone e di prestare assistenza alle stesse di cui al comma 7 dell’articolo 189 del codice della strada.
Non sono invece inclusi nella tabella, probabilmente per la maggior gravità da cui sono connotati, i reati di omicidio stradale e di lesioni colpose stradali.