La revoca della patente nell’omicidio stradale – indice:
- I fatti e l’omicidio stradale
- La rideterminazione della revoca
- Il ricorso in Cassazione
- La sentenza 88/2019
- La legge 87/1953
- Il giudice dell’esecuzione
- La sentenza 68/2021
- Conclusioni
L’articolo 222, secondo comma, quarto periodo, del codice della strada prevede l’applicazione automatica della sanzione della revoca della patente quando c’è reato di omicidio stradale ex articolo 589-bis del codice penale. Tale disposizione tuttavia è stata dichiarata incostituzionale dal giudice delle leggi con sentenza n. 88/2019.
Con la sentenza n. 35457/2021, oggetto dell’odierno approfondimento, la Cassazione decide in merito ad una ordinanza con cui il giudice rigettava la domanda di rideterminazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente applicata a seguito di sentenza di patteggiamento all’esito del processo per reato di omicidio stradale.
La Cassazione, come si vedrà nelle righe che seguono, avvalora le sentenze della Corte Costituzionale e annulla l’ordinanza del giudice ritenendo, sulla base della giurisprudenza costituzionale, affermata che “va escluso che taluno debba continuare a scontare una sanzione amministrativa c.d. punitiva inflittagli in base a una norma dichiarata costituzionalmente illegittima dunque, non già oggetto di semplice ripensamento da parte del legislatore, ma affetta addirittura da un vizio genetico, il cui accertamento impone, senza possibili eccezioni, di lasciare immune da sanzioni, o di sanzionare in modo più lieve, chiunque dopo di esso commetta il medesimo fatto”.
L’esposizione dei fatti
La vicenda riguarda Tizio che il 29 maggio 2018 fu condannato dal Tribunale con sentenza di patteggiamento al reato di omicidio stradale. La fattispecie di reato è disciplinata all’articolo 589-bis del codice penale. Nel caso che ha costituito oggetto della sentenza che ci interessa la condanna era ai sensi del primo comma. Tizio fu condannato dunque per la fattispecie non aggravata del reato di omicidio stradale che è punita con la pena della reclusione da due a sette anni.
Nel codice della strada l’articolo 222, secondo comma, quarto periodo prevede che a seguito della condanna o dell’applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) nel caso di omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o gravissime si applichi la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.
Il giudice che ha emesso la sentenza era il giudice delle indagini preliminari nonché giudice dell’esecuzione della pena e delle relative sanzioni accessorie. La sentenza di condanna era diventata esecutiva. L’imputato chiese allora, ai sensi dell’articolo 666 del codice di procedura penale la rideterminazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.
Con ordinanza del 5 marzo 2020 tuttavia il G.i.p decise sulla domanda e rigettò la richiesta. Tizio impugnò l’ordinanza con ricorso in cassazione come previsto all’articolo 666, sesto comma, del codice di procedura penale.
La richiesta di rideterminazione della revoca della patente nell’omicidio stradale e il rigetto
La Cassazione, con sentenza n. 35457/2021 annullò l’ordinanza impugnata e rinviò la questione al G.i.p per un nuovo giudizio.
I motivi del rigetto della richiesta di rideterminazione della sanzione derivavano dalle seguenti osservazioni formulate in prima battuta dal G.i.p in qualità di giudice dell’esecuzione:
- la dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 222, secondo comma, quarto periodo, del codice della strada con pronuncia n. 88/2019 della Corte Costituzionale in cui si è rilevato che la norma è illegittima nella parte in cui non prevede che, nel caso di sentenza di condanna o patteggiamento per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale il giudice possa disporre la sospensione della patente in luogo della revoca qualora non sia intervenuta una delle circostanze aggravanti (guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti);
- il G.i.p sposa l’opinione della giurisprudenza di legittimità secondo cui la revoca della patente non è un effetto penale della condanna;
- l’applicazione della sospensione della patente in luogo della revoca pertanto non attiene al titolo esecutivo. Non è pertanto di competenza del giudice dell’esecuzione esprimersi circa la richiesta di rideterminazione della sanzione accessoria al reato.
Il ricorso in Cassazione per la rideterminazione della revoca della patente nell’omicidio stradale
Il ricorso in cassazione formulato da Tizio si articola in tre motivi.
Il primo motivo di ricorso
Con il primo motivo denuncia del vizio di motivazione dell’ordinanza con cui il giudice rigetta la richiesta di determinazione della sanzione. A parere del ricorrente il giudice in primo luogo non avrebbe dato una valida motivazione del rigetto nell’ordinanza. In secondo luogo avrebbe inoltre contraddittoriamente affermato che la revoca della patente, sebbene avente natura afflittiva, non costituisce un effetto penale della condanna.
Il secondo motivo di ricorso
Con il secondo motivo Tizio lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale. Lamenta inoltre inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità. Le norme cui fa riferimento sono: gli articoli 2, quarto comma, e 133 del codice penale, 676 del codice di procedura penale, 136, primo comma, della Costituzione, 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 6 e 7 della CEDU.
Il ricorrente in particolare critica al G.i.p di non aver tenuto conto di tali norme nazionali e sovranazionali. Così facendo non avrebbe considerato che a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 222, secondo comma, quarto periodo, del codice della strada la sostituzione della sanzione della sospensione della patente in luogo della revoca è divenuta una competenza del giudice dell’esecuzione. Allo scopo di dare ulteriore fondamento alla propria affermazione il ricorrente richiama quanto stabilito in tema di applicazione automatica ed illegittima di sanzioni accessorie nei reati fallimentari. Fa inoltre presente che la sanzione amministrativa accessoria esplica i suoi effetti anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza.
Il terzo motivo di ricorso
Con il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 3, 111 e 136 della costituzione. Il giudice non avrebbe considerato la disparità di trattamento tra il ricorrente e chi è soggetto a trattamento più favorevole. Il primo infatti è soggetto al trattamento sanzionatorio più incisivo della revoca per effetto di una sentenza di condanna divenuta definitiva prima della dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 222, secondo comma, quarto periodo, del codice della strada. Il secondo è soggetto al trattamento più favorevole a seguito di tale sentenza.
La sentenza della corte costituzionale n. 88/2019 relativa alla dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 222, secondo comma, quarto periodo, del Codice della strada
La Cassazione dapprima afferma come la Corte Costituzionale, con la dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 222, secondo comma, quarto periodo, del codice della strada abbia voluto interrompere il vulnus arrecato ai principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità. Tale vulnus dipendeva dall’automatismo previsto dalla norma di applicazione della revoca della patente nei reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi e gravissime non aggravate.
Con la suddetta sentenza il giudice delle leggi infatti, afferma il giudice di legittimità, “ha evidenziato che tale automatismo possa ritenersi giustificato solo quando la condotta è aggravata dallo stato di ebbrezza alcoolica o dall’uso di sostanze stupefacenti, mentre nelle altre fattispecie di reato meno gravi il giudice deve avere la possibilità di decidere autonomamente, sulla base delle circostanze del caso concreto, se disporre la sospensione o la revoca della patente di guida”.
La Corte Costituzionale ha pertanto voluto rendere inapplicabile l’articolo 222 del codice della strada nella parte in cui non prevedeva la possibilità per il giudice di valutare autonomamente se applicare la sospensione o la revoca della patente nei reati di omicidio e lesioni colpose stradali non aggravati.
L’articolo 30 della legge 87/1953
La Suprema Corte richiama poi l’articolo 30 della legge 87/1953 disciplinante le norme sulla Costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale. Tale norma porta con sé la disciplina degli effetti nel tempo delle pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale, in particolare ai commi terzo e quarto.
Il terzo comma recita “Le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”. Si tratta di una regola di carattere generale.
Il quarto comma afferma che “Quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali”. Questa è una regola invece specificatamente introdotta per la materia penale e successivamente recepita nel codice di rito all’articolo 673 il quale stabilisce che “Nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti”.
Le competenze del giudice dell’esecuzione e la revoca della patente di guida nell’omicidio stradale
In virtù di tale quadro normativo la giurisprudenza di legittimità ha sempre sostenuto la natura di sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente. Sia nei casi di reato di omicidio stradale e lesioni colpose stradali. La sanzione infatti viene applicata allo scopo di prevenire la commissione del reato ed ha l’effetto, limitato nel tempo, di impedire al reo di riconseguire un nuovo titolo abilitativo.
Per tali motivi, al giudice dell’esecuzione non compete modificare la decisione presa con sentenza di condanna relativa alla revoca. Ciò anche qualora nel giudizio di cognizione, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, emergesse che una condotta è suscettibile di applicazione della sospensione della patente in luogo della revoca. La questione tuttavia non rientra nel disposto di cui al quarto comma dell’articolo 30 della legge 87/1953.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 68/2021
In tempi più recenti tuttavia, ovvero il 27 gennaio 2021, è intervenuta nuovamente sul punto la Corte Costituzionale con la sentenza n. 68, depositata in cancelleria il 16 aprile 2021. Con tale sentenza la Corte ha evidenziato che:
- non si può negare il carattere punitivo della sanzione della revoca della patente disposta dal giudice penale con sentenza di condanna o patteggiamento per uno dei reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale. Ciò sebbene la sanzione sia applicata anche per tutelare gli interessi coinvolti nella circolazione dei veicoli a motore “secondo uno schema tipico delle misure sanzionatorie consistenti nell’interdizione di una determinata attività”;
- l’articolo 30 della legge 87/1953, quarto comma, si pone in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione. La Corte Costituzionale fa presente in particolare che già nella sentenza n. 88/2019 si riconosceva l’applicabilità alle sanzioni amministrative punitive del principio di retroattività della lex mitior. L’applicazione di tale principio alle sanzioni amministrative si trovava in linea con la giurisprudenza costituzionale. Giurisprudenza creatasi relativamente al rapporto tra l’articolo 3 della Costituzione e le sanzioni propriamente penali.
La giurisprudenza costituzionale
Secondo tale giurisprudenza bisogna “equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l’entrata in vigore della norma che ha disposto l’abolitio criminis o la modifica mitigatrice”.
Se pertanto la logica sottesa alla giurisprudenza relativa alle sanzioni penali si estende anche alle sanzioni amministrative “va escluso – come per le sanzioni penali – che taluno debba continuare a scontare una sanzione amministrativa c.d. punitiva inflittagli in base a una norma dichiarata costituzionalmente illegittima dunque, non già oggetto di semplice ripensamento da parte del legislatore, ma affetta addirittura da un vizio genetico, il cui accertamento impone, senza possibili eccezioni, di lasciare immune da sanzioni, o di sanzionare in modo più lieve, chiunque dopo di esso commetta il medesimo fatto”.
Conclusioni sulla revoca della patente nell’omicidio stradale
Con la sentenza n. 68/2021, coerentemente con quanto sopra evidenziato, la Corte Costituzionale dichiara illegittimo l’articolo 30, quarto comma, della legge 87/1953. La sua interpretazione infatti andava nel senso di escludere dal suo ambito di applicazione la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente. Nel caso in cui questa fosse stata disposta con sentenza irrevocabile di condanna o patteggiamento ex articolo 222, secondo comma, del codice della strada.
I ragionamenti effettuati rispetto alle sentenze 88/2019 e 68/2021 della Corte Costituzionale portano il giudice di legittimità a decidere. Il dispositivo della sentenza prevede l’annullamento con rinvio al giudice per le indagini preliminari dell’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione aveva rigettato la richiesta del ricorrente. Il ricorrente voleva vedere applicarsi in luogo della revoca la sospensione della patente ai sensi dell’articolo 222, secondo comma, del codice della strada. Come è previsto nel caso di omicidio stradale o lesioni colpose stradali ex articolo 589-bis e 590-bis del codice penale nelle ipotesi non aggravate.