Rifiuto del prelievo ematico e rilevanza penale – indice:
- Il reato di guida in stato di ebbrezza
- L’esposizione dei fatti
- Il rifiuto del prelievo ematico
- Il ricorso in Cassazione
- Le considerazioni della Corte
- Conclusioni
Il rifiuto di sottoporsi al prelievo del sangue presso una struttura sanitaria su ordine della polizia non è penalmente rilevante se il conducente non è sottoposto a cure mediche conseguenti all’incidente stradale. Questo è l’epilogo della sentenza n. 10135 della Corte di Cassazione penale che si andrà ad esaminare nell’odierno approfondimento.
Il prelievo del sangue è uno degli esami utilizzati per la rilevazione della quantità di alcool nel sangue in caso di guida in stato di ebbrezza.
Ai sensi del quinto comma, primo periodo, dell’articolo 186 del codice della strada “Per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l’accertamento del tasso alcoolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate”.
Come funziona l’accertamento del tasso alcolemico nella guida in stato di ebbrezza
Gli organi di polizia infatti sottopongono il conducente ad un primo test non invasivo mediante precursore etilometrico nel luogo dell’incidente o in sede di controllo. Tale strumento può dare un risultato positivo o negativo. Nel primo caso non vi saranno dubbi circa la presenza di alcool nel sangue e pertanto ne andrà verificata la quantità presente ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste dal codice della strada. In caso di test positivo gli organi di polizia possono, come previsto dal quarto comma dell’articolo 186 del codice della strada, invitare il conducente a recarsi presso il comando di polizia per effettuare ulteriori accertamenti dai quali ricavare l’effettivo tasso alcolemico presente nel sangue. Tali accertamenti vengono eseguiti mediante etilometro.
Si ricordano di seguito le sanzioni previste dal codice della strada a seconda del tasso alcolemico rilevato in caso di guida in stato di ebbrezza:
- con valore compreso tra 0,5 e 0,8 grammi per litro si riceve una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 543 a € 2.170 più sospensione della patente di guida da tre a sei mesi;
- se il tasso alcolemico dà un risultato superiore a 0,8 ma non superiore a 1,5 grammi per litro si è puniti con l’ammenda da euro 800 a euro 3.200 e l’arresto fino a sei mesi;
- sopra l’1,5 grammi per litro l’ammenda può variare da euro 1.500 a euro 6.000 e l’arresto da sei mesi ad un anno.
In caso di incidente stradale e di sottoposizione del conducente a cure mediche presso una struttura sanitaria gli organi di polizia possono richiedere alla struttura l’esecuzione di un prelievo ematico per acquisire ulteriori prove dello stato di ebbrezza. Il rifiuto a sottoporsi al prelievo ematico nel caso predetto è penalmente rilevante ai sensi del settimo comma dell’articolo 186 del codice della strada.
Il caso che ha occupato la sentenza sul rifiuto del prelievo ematico
Nelle righe seguenti si espongono brevemente i fatti che hanno occupato la sentenza n. 10135 del marzo 2021.
Il conducente di un autoveicolo coinvolto in un incidente stradale viene sottoposto ad un alcoltest da parte degli organi di polizia. Lo strumento utilizzato per la rilevazione è stato il precursore etilometrico. Come già accennato, il precursore etilometrico è lo strumento, diverso dall’etilometro, che indica la positività o negatività all’alcoltest.
Essendo risultato positivo a tale primo accertamento il conducente veniva condotto presso il comando di polizia per eseguire un ulteriore alcotest mediante etilometro. Tale strumento avrebbe fornito prove più precise circa la presenza di alcol nel sangue. Avrebbe inoltre permesso agli organi di polizia di inquadrare la fattispecie di reato di guida in stato di ebbrezza. Com’è noto, la norma che lo disciplina prevede pene graduate in base ai valori di alcol rilevati.
Il comando di polizia si trovava tuttavia sprovvisto dello strumento di rilevazione. Chiedeva pertanto al conducente di recarsi presso una struttura sanitaria per eseguire un prelievo ematico. Gli operanti si adoperavano in tal modo, erroneamente, in virtù di quanto dettato dall’articolo 186, quinto comma, del codice della strada. In tal caso infatti il conducente era sì coinvolto in un incidente stradale ma non era stato sottoposto a cure mediche. Il conducente pertanto si rifiutava di eseguire il prelievo ematico. Veniva perciò indagato e successivamente condannato per il reato di guida in stato di ebbrezza nella specie di cui al settimo comma dell’articolo 186 del codice della strada.
Il reato di guida in stato di ebbrezza nell’ipotesi di rifiuto del prelievo ematico
Il settimo comma dell’articolo 186 del codice della strada recita:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5, il conducente è punito con le pene di cui al comma 2, lettera c). La condanna per il reato di cui al periodo che precede comporta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e della confisca del veicolo con le stesse modalità e procedure previste dal comma 2, lettera c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione.
Con l’ordinanza con la quale è disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica secondo le disposizioni del comma 8. Se il fatto è commesso da soggetto già condannato nei due anni precedenti per il medesimo reato, è sempre disposta la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI”.
Il rifiuto di sottoporsi al prelievo ematico dunque è punito con:
- l’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000;
- l’arresto da sei mesi ad un anno;
- la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni;
- la confisca del veicolo;
- la revoca della patente se il fatto è commesso da soggetto già condannato nei due anni precedenti per il medesimo reato.
Il ricorso in Cassazione
Tornando all’esposizione dei fatti il conducente condannato in primo e secondo grado al reato di guida in stato di ebbrezza ex articolo 186, settimo comma, del codice della strada, impugna la sentenza di secondo grado in Cassazione per chiederne l’annullamento.
L’imputata costruisce il ricorso su vari punti.
In primo luogo sostiene la legittimità del proprio rifiuto di sottoporsi al prelievo ematico. La richiesta di tale esame aveva trovato origine nell’esigenza del comando di polizia sprovvisto dello strumento per eseguire l’alcotest legittimamente richiesto. Sottolinea l’imputata in particolare come l’articolo 186, quinto comma, del codice della strada preveda espressamente che gli organi di polizia sono legittimati a chiedere l’effettuazione del prelievo ematico presso una struttura sanitaria a due condizioni. La prima che consiste nell’essersi verificato un incidente stradale e la seconda consiste nella sottoposizione del conducente a cure mediche.
In secondo luogo la ricorrente evidenzia che l’unico caso in cui è legittimo sottoporre l’imputato al prelievo senza il suo consenso è quando vi è la necessità di sottoporlo a cure mediche dopo un incidente. Negli altri casi l’imputato può rifiutarsi senza incorrere nell’ipotesi di reato di cui all’articolo 186, settimo comma, del codice della strada.
I motivi secondari del ricorso
Al terzo punto la ricorrente considera altri due aspetti. Il primo in cui afferma che in primo grado il giudice le aveva riconosciuto l’applicazione del minimo edittale di pena per la minima offensività del reato. Il secondo la porta ad evidenziare che il suo comportamento non rientrava nella nozione di abitualità richiesto dalla norma per considerarsi abituale. In virtù di ciò il giudice di secondo grado avrebbe dovuto valutare la possibilità di applicare la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex articolo 131 bis del codice penale. La sua condotta inoltre era stata di collaborazione con il personale di polizia. Non aveva infatti opposto resistenza né all’effettuazione del test con il precursore né a quello con l’etilometro presso il comando.
infine sostiene che il giudice di secondo grado abbia errato nel negare la sospensione condizionale della pena.
Le considerazioni della Corte sul rifiuto del prelievo ematico
I giudici della Suprema Corte accolgono il ricorso dell’imputata ritenendo il primo motivo fondato e non ritenendo necessario esaminare gli altri.
In primo luogo i giudici richiamano i requisiti che l’articolo 186, quinto comma, del codice della strada pone per la legittimità della richiesta degli organi di polizia. A tal proposito affermano che: “Dunque la possibilità di procedere, su richiesta della Polizia stradale, all‘accertamento del tasso alcolemico in ambito sanitario è subordinata dalla legge all’esistenza di due presupposti ben precisi, essendo rigorosamente circoscritta al caso di soggetti coinvolti in incidenti stradali e abbisognevoli di cure mediche. Ne deriva che queste due condizioni sono tassative e devono ricorrere congiuntamente, come risulta inequivocabilmente dal tenore testuale della norma”.
Proseguono poi i giudici precisando cosa significhi sottoposizione alle cure mediche indicato nella norma. “Per quanto attiene, in particolare, al presupposto inerente alla sottoposizione a cure mediche, occorre osservare che l’art.186, comma 5, cod, strada, come è stato condivisibilmente affermato in giurisprudenza, delinea una oggettiva condizione di affidamento del soggetto al personale medico per l’apprestamento di cure, nel contesto della quale colloca l’accertamento del tasso alcolemico, a fini probatori, onde da tale presupposto non può in alcun modo prescindersi”.
Conclusioni
Affermato ciò la Corte osserva come i due requisiti previsti dalla norma non fossero entrambi presenti. Tali requisiti legittimano la richiesta degli organi di polizia di eseguire il prelievo ematico presso una struttura sanitaria. Si era verificato l’incidente, integrante il primo requisito, ma non si era presentata la necessità di sottoporre il conducente a cure mediche. Mancava pertanto il secondo requisito. La richiesta degli organi di polizia, dovuta non ad “esigenze di carattere diagnostico-terapeutico ma esclusivamente di accertamento probatorio, connesse alla necessità di non ”disperdere la prova del reato”, era illegittima e il rifiuto della ricorrente non penalmente rilevante.
“Si è, infatti, correttamente evidenziato, in giurisprudenza, come, al fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada, è necessario che il conducente rifiuti non l’accertamento dei tasso alcolemico et simpliciter ma l’accertamento cosi come tassativamente previsto dai commi richiamati nella norma che descrive la condotta tipica“. Da tali ultime parole si desume come il rifiuto di sottoporsi al prelievo ematico in caso di guida in stato di ebbrezza non è sempre penalmente rilevante. È penalmente rilevante soltanto quando il rifiuto si colloca nell’ambito di un incidente stradale e l’imputato è sottoposto a cure sanitarie. In tale occasione si legittima l’esecuzione del prelievo.